Fahrenheit 451°

All’arrivo a Santa Maria in Pantano ieri il silenzio e la rabbia hanno preso in me il sopravvento.

Non il silenzio dovuto ad un luogo sacro, dove la strada con il profano spesso si e’ incrociata, dove la Sibilla e’ posta in mezzo ai santi senza troppi problemi, e dove i pastori si rivolgevano ad una o agli altri senza il timore di offendere nessuno.

Non la rabbia dovuta ad una situazione che ancora nel secondo semestre post-sisma sembra ancora completamente immobile (circa 3 giorni fa sono statae consegnate le prime case in legno e qualcuno ha anche festeggiato).

Il silenzio (o quella sorta di trance in cui ero sprofondato) era dovuto alla profonda tristezza, verso ciò che quel posto era stato per me, la rabbia invece all’impotenza nel non sapere cosa fare.

Per ore ho cullato questo turbine di sentimenti mentre continuavo a camminare e svolgere il mio lavoro di Guida.

Poi ad un certo punto e’ tornato fortissimo un passaggio di quel fantastico genio di Ray Bradbury in Fahrenheit 451:


“Noi non siamo che copertine di libri, il cui significato e’ proteggerli dalla polvere”.


Non so se mai tornerà tutto come prima, ma le cicatrici quelle resteranno sicuramente,

ognuno di noi, che ha amato questi luoghi ha un compito fondamentale, preservare un’immagine, qualcosa di meraviglioso di questi angoli di paradiso, questi posti dove veniamo a rifugiarci quando la vita ci sembra troppo dura, ed adottiamo la montagna come medicina.

Raccontando a chi arriverà dopo di noi il bello;

la meraviglia della montagna, facendo rivivere Fauni e Sibille, dove il mito si mescola alla realtà ed il sacro si sposa con il profano, dove ostici pastori corteggiano misteriose fanciulle, ed il popolo della montagna alza gli occhi verso inesplorate grotte, poi ancora più su fino alla croce ed alla sommità del Vettore che veglia sulla rocca nascosta tra gli alberi.

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